Facendo giustizia della massa compatta di miti che avvolgevano la figura di Schumann, miti biografici (a cominciare dalle circostanze e dalla natura della sua malattia mentale e del suo improbabile influsso sulla creatività del musicista), storici (ad esempio l'immagine di Schumann come musicista geniale agli inizi e sempre meno ispirato fino a terminare nell'aridità di ispirazione), o musicologici (come la presunta mancanza di talento nell'orchestrazione, o l'immaginaria incapacità di controllare le forme ampie), Daverio propone di riconsiderare l'opera di Schumann comprendendola a partire dalle concezioni estetiche del musicista, e in particolare dall'ininterrotta riflessione che dedicò al rapporto tra letteratura (sia poetica sia narrativa) e musica. Ciò fa emergere con evidenza la profonda impronta impressa sull'opera di Schumann dalla sua convinzione di una continuità indissolubile tra letteratura e musica, dove la musica è pensata come "letteratura in suoni".